lunedì 14 marzo 2011

Tellbreen e Rabotbreen, finalmente la luce dopo la tempesta

14 marzo 2011


La settimana è stata contraddistinta da ostiche lezioni sui modelli matematici che cercano di replicare il funzionamento delle calotte glaciali mentre l'escursione è stata rimandata più volte a causa del maltempo. Attenzione, da queste parti il maltempo non è un banale giorno di pioggia, ci vogliono almeno almeno - 5° ed il vento ad oltre 100 km/h con visibilità nulla, proprio come mercoledì scorso quando una incredibile bufera ha spazzato via per l'ennesima volta la neve dalle montagne e spostato quasi tutto il ghiaccio marino dell'Isfjorden verso il mare aperto! Il bel video di Roberto è abbastanza esplicativo in merito


ci si appresta a tornare a Nybyen dopo una giornata all'UNIS (foto R. Colucci)


























Venerdì riusciamo a muoverci, il sole fa' capolino per la prima volta in paese, ma il cielo sereno è conseguenza di freddi venti settentrionali. Una delle mille particolarità dell'artico è proprio questa, quando c'è il sole fa' sempre più freddo rispetto a quando nevica...


















La meta prevista fino al giorno precedente, un "calving glacier" nei pressi del paese fantasma di Pyramiden, salta all'ultimo a causa del ghiaccio marino troppo debole, un peccato! Doug trova però la soluzione e ci conduce al vicino Tellbreen nella Helvetiadalen, ovvero il Ghiacciaio di Guglielmo Tell nella Valle dell'Elvezia! 

il primo sole a Longyearbyen

















Oggi la guida polare che conduce il gruppo pare avere fretta e viaggia come un disperato, media di 60-70km/h, qualcuno in alcuni tratti ha pure superato i 100! Poco prima di infilarci della valle degli svizzeri noto una strana nebbiolina, neanche il tempo di ragionare che una folata di GELIDO vento da nord mi congela la barba alla maschera, la temperatura è intorno ai - 24° ed il wind chill conseguente (70km/h di motoslitta + 40-50 km/h di vento) fa' talmente impressione che preferisco non dichiararlo. Sul ghiacciaio Doug ci racconta come siano stati fatti diversi studi per comprenderne la particolare dinamica, dalla bocca del ghiacciaio infatti esce un rigagnolo anche nei mesi invernali che congela non appena esce dal ghiacciaio formando dei curiosi accumuli di ghiaccio. Non si è ancora capito da dove arrivi quest'acqua visto che il ghiacciaio è "freddo", ovvero il suo ghiaccio è ben al di sotto del punto di fusione e l'unica acqua allo stato liquido presente è quella della fusione estiva che dovrebbe, teoricamente, rigelare all'interno del ghiacciaio proprio perché il ghiaccio è sottozero. 
Dal punto di vista "termico" sto imparando che i ghiacciai alpini sono veramente di una semplicità disarmante, qui tutto è complicato, la presenza di ghiaccio "freddo" complica qualsiasi processo e produce effetti curiosi come quello appena menzionato. 


dal Tellbreen il freddissimo vento da nord alza la neve nell'Helvetiadalen
















Tellbreen


















Mentre assistiamo alla spiegazione siamo costretti a muoverci in continuazione a causa del freddo veramente fastidioso. Non sapendo bene che fare, visto che ci manca ancora 1 ora di gelida motoslitta per raggiungere l'altro ghiacciaio, Doug ci consiglia di cercare una grotta alla fronte del ghiacciaio che puntualmente troviamo. E' la prima volta che compare un condotto endoglaciale su questo ghiacciaio, ci infiliamo e ne esploriamo l'ingresso. Finalmente ci si può scaldare! Alle Svalbard per scaldarsi bisogna entrare nella pancia dei ghiacciai dove la temperatura può essere più di 20° superiore all'esterno, come oggi! 



la grotta "inesplorata" alla fronte del Tellbreen








































Il viaggio verso il Rabotbreen diventa così abbastanza confortevole nonostante le genialità di casa yamaha, appena ci rendiamo conto di avere tutti il piede destro congelato ed il sinistro bollente scopriamo che il sofisticato riscaldatore per i piedi con 10 diverse regolazioni è presente solo per il piede sinistro, i piedi degli umani sono però 2, fino a prova contraria. La divertentissima alta velocità di crociera diventa ben poco divertente per alcuni malcapitati che sono vengono sbalzati dalle motoslitte in corsa a causa delle irregolarità del terreno o salendo la ripida morena frontale! 

Rabotbreen















































Ci fermiamo su una morena mediana del ghiacciaio dove il sole non è ancora sparito dietro alle montagne che chiudono l'orizzonte verso sud. Finalmente rivivo l'atmosfera, la luce e l'ambiente della spedizione del 2003. In alcuni punti il vento ha intaccato la neve presenta fino ad asportarla completamente lasciando il ghiaccio vivo a vista. 
Dopo aver mangiato i nostri panini decisamente ghiacciati, come se fossero appena stati tolti dal freezer, riprendiamo la via di casa a tutta velocità...




colata occidentale del Rabotbreen



la confluenza delle tre colate del Rabotbreen










un po' di riposo dopo la faticosa escursione

















Inizia così l'ultima settimana del corso di glaciologia, il tempo pare sia volato! il week end è servito per studiare e ricaricare le batterie per la nuova settimana di lezioni. 

nota: In questi giorni ho avuto la conferma della mia partecipazione alla spedizione glaciologica: Caucaso 2011! un'altra grande avventura è alle porte




venerdì a caccia di aurore a - 29° ho pescato una stella cadente! ...in alto a sinistra


















domenica 6 marzo 2011

quante cose possono accadere in 3 giorni?

6 Marzo 2011


A volte mi chiedo, quante cose possono accadere in 3 giorni? quante emozioni e spettacoli della natura possono essere osservati? ovviamente non c'è risposta, ognuno ha i suoi standard, beh, per i miei, diciamo che siamo andati un bel po' oltre! Cerco di far mente locale e sto già perdendo la cognizione di cosa è successo e quando. 



Giovedì
Dopo una intensa giornata di apprendistato su calving e surging glaciers la stanchezza ha il sopravvento, solo una super aurora boreale potrebbe svegliarci da questo torpore...ed infatti, alle 20.00 scatta l'allarme. Un incendio provocherebbe una reazione sicuramente più blanda nella barrak. Tutti si vestono e si preparano cercando di battere i record di velocità del Rag. Fantozzi mentre va al lavoro. 
Ci catapultiamo di fuori correndo la fine delle barrak dove l'illuminazione artificiale finisce. 
Arriviamo ed un grande anello verde si muove nel cielo. Buttiamo le fotocamere nella neve ed iniziamo a scattare mentre montiamo il cavalletto...


Sarcofagen illuminato a giorno
















northern lights



















come sempre si parla di attimi, 5 minuti ed è praticamente tutto finito, un manipolo di volenterosi rimane per 2 ore ad attendere una schiarita ma la neve ed i canonici - 17° ci fanno desistere...


Venerdì


Dopo un paio di rinvii partiamo con il solito gruppo di motoslitte alla volta del Tunabreen, ghiacciaio considerato "vicino"...anche se nella realtà occorre motoslittare per 60 km per raggiungerne la fronte. Fa' piuttosto freddo e la prima sosta dopo 20 km è indispensabile per coprirsi e per osservare un incredibile "pingo" (!), per la spiegazione attendete il mese prossimo quando al corso di permafrost saremo ben più "sul pezzo". Inebetito dal freddo e dagli infiniti sobbalzi della pista quasi non mi accorgo che in prossimità di un colle sulla nostra destra compare un curioso disco giallo offuscato dietro mille strati di nubi e foschia...quando realizzo che si tratta del sole un brivido mi corre lungo la schiena ghiacciandomi più di quanto non lo fossi in precedenza. Ormai ci eravamo abituati a farne a meno, per quasi 3 settimane.
La visione dura poco, il tempo cambia rapidamente e la motoslitta che mi precede è l'unico appiglio con la realtà, guidiamo a 50 km/h nel nulla più totale, il cielo ed il terreno sono la stessa cosa, solo il freddo che penetra fra i difetti del nostro vestiario ci ricorda che occorre stare ben svegli e concentrati. Ci fermiamo per una breve pausa ad una "cabin" che riconosco al volo! Nel 2003 ci eravamo fermati proprio qui mentre eravamo diretti agli Atomfjella! Il tempo oggi pare volerci fare l'ennesimo dispetto ed ingurgitiamo un panino ghiacciato con lo sguardo perso nella nebbia e nella neve. Riprendiamo la corsa sul mare ghiacciato, il tempo pare velocemente migliorare ed in lontananza notiamo una sottile striscia azzurra che si avvicina. Più passano i minuti più la striscia si fa' enorme. Quando parcheggiamo le motoslitte ci troviamo davanti ad una falesia di ghiaccio azzurro alta 20-30 m e larga un paio di km. Il ghiacciaio si butta direttamente nel fiordo e perde massa per "calving" ovvero per l'interazione con l'acqua marina. Sotto il livello dell'acqua il ghiacciaio si estende per quasi 200 m di spessore. Ora il mare è ghiacciato ed il processo è molto rallentato, ci si può così avvicinare senza troppi pericoli alla fronte. Siamo sbalorditi, fra sorrisi e sguardi increduli ci avviciniamo al margine destro del ghiacciaio dove un surge di pochi anni fa' ha creato delle strutture di ghiaccio e sedimento molto interessanti. 


L'incredibile fronte del Tunabreen






























lezione sul campo


































Ci muoviamo lungo la fronte in motoslitta cercando di avvicinarci il più possibile. Ci spostiamo sull'altro lato dove il Tunabreen si scontra con un altro ghiacciaio che arriva dalla valle accanto. Sottili strati di detrito disegnano pieghe e faglie che fanno letteralmente impazzire i glaciologi strutturali presenti. Doug ci spiega che in questa posizione di grande stress il ghiacciaio si comporta come una roccia metamorfica, il vantaggio è che potendo vedere attraverso il ghiaccio si possono osservare le strutture in 3D. Non mi sono mai rammaricato tanto di non essermi mai appassionato alla geologia strutturale!


Iceberg incastrato nel mare ghiacciato














































































glaciologia strutturale 


















E' ora di ripartire, si è fatto tardi e la luce inizia a calare. Sulla via del ritorno il sole si ripresenta per uno spettacolare tramonto sul Tempelfjord, gli stratocumuli si colorano di rosa ed ho cerco di convincermi che le Svalbard si trovano sulla Terra e non su qualche altro pianeta...


tramonto al Templefjor































Sabato

Si parte, il glaciology group quasi al completo si lancia verso un week end "fuori porta". Siamo una quindicina a tentare di raggiungere la Bjorndalen per la via "montana", alle 11.00 partiamo sci o ciaspole ai piedi. Il tempo non è malvagio ma capiamo subito che sarà una fredda giornata. Arriviamo senza grossi problemi al passo che ci catapulta su un plateau perfettamente pianeggiante. Una particolarità di questa zona è la conformazione delle montagne, ripidi pareti che portano a vastissimi plateau pianeggianti, tipica morfologia da stratificazione sedimentaria. 
Dobbiamo ora aiutarci con il GPS per trovare la direzione migliore, fa' un freddo becco, - 24° con vento forte da ovest. Il wind chill non voglio neanche saperlo, ghiacciamo completamente, dalla testa ai piedi, capiamo che non si può cincischiare. Il freddo ci ruba preziosissime energie. Il sole spunta verso sud, il sole più gelido che abbia mai visto. 

primo sole sul palteau




















Verso ovest l'orizzonte finisce in mare e la strumentazione del centro sperimentale della NASA rende il tutto più "alieno"

















Dale, is!!



















verso sud


















Occorre trovare il passaggio per raggiungere la Bjorndalen. Una miriade di vallecole che si buttano nell'ignoto. Dalle informazioni in nostro possesso la "terza" quella buona, bene, in carta sembravano 3, qui sembrano 15...decidiamo di prendere la più profonda, che, verosimilmente, presenta le pendenze minori. Siamo in giro da 4 ore e siamo molto stanchi, vado in avanscoperta e noto con disappunto che a 50 m dal fondovalle il canalone va a finire su un saltino a 35° che si conclude su un lastrone di valanga già staccatosi. Occorre prendere delle decisioni, mi consulto con Roby e Kathrin, tornare indietro non è più possibile, sta per venir buio ed il freddo ci indebolirebbe troppo. In breve ci organizziamo, scendo per primo a piedi contro le rocce che chiudono il canale per sollecitare meno il lastrone che ancora è fermo sul pendio. Arrivo al distacco e tiro un sospiro di sollievo, è una valanga vecchia, caduta durante i giorni di pioggia delle settimane precedenti. 


il lastrone di 1 m di spessore della vecchia valanga, ora completamente rigelata


















Scendiamo tutti uno per volta e riusciamo così a raggiungere il fondovalle della bellissima Bjorndalen. Stremati strisciamo fino alla cabin che è proprio sul mare, un buon the bollente ed una stufa a carbone sempre calda ci ridanno fiducia. Ben fatto!

Bjorndalen

































Dopo una eccellente pasta in condizioni difficili (niente corrente elettrica e niente acqua, complimenti ai cuochi!), mentre ci stiamo per spegnere sui divanetti, arriva il solito "allarme aurora". Usciamo in fretta e furia non curandoci troppo dei - 25° ed assistiamo ad uno spettacolo pazzesco. Mille luci, gialle, verdi e viola inondano una porzione di cielo che diventa talmente enorme da coprire almeno la metà della volta celeste. Fasci di luce danzano velocissimi verso l'alto disegnando in cielo geometrie variabili ed imprevedibili. Lo spettacolo della natura più bello a cui abbia mai assistito. 












































Sono talmente eccitato che resto fuori per più di 2 ore consecutivamente incurante della temperatura, lo spettacolo non si ripete in questa modalità ma le aurore vanno avanti in modo più blando per tutta la serata. 
Ci buttiamo a dormire un po' dove capita: letti, tavoli, pavimento...fra l'ilarità generale io mi imbusto in un trabiccolo formato da due poltroncine ed uno sgabello. In qualche modo dormiamo...

La giornata odierna non consente troppi slanci poetici, il tempo peggiora e riprende presto a nevicare, torniamo così dalla costa smazzandoci 15 km in piano con gli sci d'alpinismo e zaini enormi. L'atterraggio alle barrak è una liberazione. Ci consoliamo con l'avvistamento di una coppia di bellissime volpi artiche

Arctic Fox


















Domani inizia una nuova settimana, tante ore di lezione su modellazione glaciale e forse, se il tempo lo permette, l'uscita più lunga e spettacolare dell'intero corso. 
Quindi, quante cose si possono fare in 3 giorni? tantissime...nessun rimpianto, neppure per la partita di calcetto saltata stasera...ho preferito scrivere queste righe!